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Via Romea - Res Cottidianae et Clarae Personae
Facino Cane: Trent'anni di imprese di un condottiero medievale
Non esistono film o serie televisive su Facino Cane: eppure ne avrebbe tutta la dignita’. Soldato di ventura prima e capitano di ventura poi, nelle cronache dell’epoca ha indissolubilmente legato il suo nome ad atti di saccheggio e scorrerie in tutto il nord Italia tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400: con i suoi uomini (che in alcune circostanze hanno superato anche le mille unita’ tra fanti e cavalieri) si impadronisce di capi di bestiame, vettovaglie e merci, cattura uomini, incendia borghi, assedia castelli, devasta villaggi e campagne, compie rapimenti a titolo di estorsione e riscatto. Perche’ tutto questo? Mera avidita’ o per un progetto piu’ ampio?
Grazie alla associazione Blanzate che ci ha accolti nella sede della biblioteca comunale di Bianze’, il 20/03/2015 VRC ha avuto il piacere di ospitare Roberto Maestri che, insieme a Pierluigi Piano ha curato la pubblicazione del libro “Facino Cane – Sagacia e astuzia nei travagli d’Italia tra fine Trecento e inizio Quattrocento” nel quale si raccolgono in modo organico saggi sulla controversa figura del condottiero e sull’ambiente in cui ha operato, nel tentativo di contestualizzarne il piu’ possibile l’azione.
Facino Cane infatti e’ stato in parte rimosso dalla “storia ufficiale” oppure fu oggetto di studi che hanno evidenziato solo gli aspetti negativi del sanguinario capitano di ventura. Le testimonianze coeve sono limitate e sparse in archivi e biblioteche di diversi comuni italiani e stranieri, si sa poco delle sua persona (un solo ritratto e’ presente nel castello di Masino) e della sua vita privata (non e’ noto neanche il suo anno di nascita, forse il 1360); le sue imprese sono ricostruibili solo leggendo le cronache dei comuni in cui era passato.
Eppure sono emersi aspetti che denotano un personaggio abile, ben organizzato e con un preciso intento politico di signoria.
E’ sicuramente un valente uomo d’armi e stratega: combatte per circa 30 anni, cosa rara per i condottieri dell’epoca che morivamo prima o si ritiravano, e venne ferito una sola volta. La vastita’ delle sue azioni e’ per l’epoca unica: se ne trova traccia in circa 240 citta’ italiane, in operazioni ostili ai Savoia e a sostegno dei Visconti di Milano. Nel 1386 partecipa a una delle piu’ sanguinose guerre dell’epoca, quella del Friuli, e si distingue nel saccheggio di Aquileia; partecipa alla guerra di Mantova e nel 1402 alla presa di Bologna; l’anno successivo conduce l’assedio e il saccheggio di Alessandria, nel 1404 entra a Piacenza di cui si fa proclamare signore.
Nel 1406 diventa conte di Biandrate e nell’anno successivo inizia una sanguinosa spedizione in Lomellina; nel 1409 affronta le truppe francesi a Genova e l’anno seguente sopravvive a un attentato a Milano. Nel 1412 assedia Bergamo, ma sara’ la sua ultima impresa: a causa di un violento attacco di gotta deve rinunciare e si fa trasportare al castello di Pavia dove morira’.
Alla luce di quanto ritrovato, si puo’ ipotizzare un vero e proprio stato di Facino che occupava i territori dei Visconti in una fascia compresa tra Alessandria a Verbania: in queste zone si approvvigionava di oro e ferro, investiva denaro, definiva contratti e regole con gli abitanti. Aveva un proprio vessillo: un levriero bianco in campo rosso, con collare giallo, che tiene tra le zampe anteriori uno scudo con croce bianca in campo rosso. Aveva probabilmente una propria cancelleria (e’ stato trovato un sigillo) e un sistema di amministratori.
A parte un melodramma di Bellini (“Beatrice di Tenda” del 1833, incentrato sulle drammatica fine della moglie di Facino, dopo la sua morte) e un breve racconto di Balzac (“Facino Cane” del 1837) Facino Cane e’ ancora in attesa che la polvere della storia sia rimossa sulla sua figura.
Germana Vinelli - fotografia Claudia Carra