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Via Romea - Ivrea
In Cammino: qui l'emozione è più intensa…
Lia Barile ha 92 anni e nell’aprile di quest’anno è andata a piedi da Ivrea a Bollengo, dove ha visitato la chiesa romanica dei santi Pietro e Paolo, e di qui ad Anzasco.
Laureata in storia dell’arte e in psicologia, vive a Firenze ma le sue radici – e tante amicizie, tra cui quella con Ada Ruffini, fondatrice dell’omonima Fondazione onlus che opera a Ivrea – sono tra Canavese e Valle d’Aosta. Ha dedicato la sua attività professionale al mondo dell’infanzia, maturando una lunga esperienza con bambini colpiti da gravi handicap psicomotori. È stata giudice laico presso il Tribunale dei minori di Firenze, da anni si dedica alle sofferenze mentali degli adulti.
Un giorno incontrando Anna Anrò ha voluto condividere con lei le sensazioni legate al nostro territorio che qui vi verranno narrate...
«Ogni volta che torno in Piemonte rifaccio i conti con 50 anni della mia storia. Cammino lungo e felice, scandito da anni di vita tanto diversi. Qui torno sempre all'inizio della storia, da quando in così poco tempo, nel giro di pochi giorni, ritrovai un'esistenza vera, tanto coraggio e una dimenticata sicurezza.
Ogni giorno percorrendo queste strade alla ricerca delle più antiche chiese romaniche rivedo le insegne dei paesi che attraversammo in quei due viaggi verso Cervinia che dettero inizio ad un insperato futuro.
Vengo in Piemonte tre volte all'anno da 16 anni, ho scoperto la sua bellezza e, soprattutto, sento che mi appartiene.
La sua storia antica che i castelli testimoniano con la loro presenza: tanti i manieri a difesa delle tante alture e vengono in mente scontri, battaglie a difesa di predomini e di potere.
Finiti i castelli le numerose chiese romaniche, ne conoscevo già molte, ma questa volta l'incontro con esse è stato diverso.
Non chiese, ma piccolissime chiesette, forse cappelle sulla via Francigena che percorre a mezza costa la Serra. Cappelle di preghiera e di rifugio per i pellegrini sempre arricchite da alti campanili. Troppo alti per la piccola dimensione delle loro cappelle, forse punti di riferimento per i pellegrini che per evitare l'aperta pianura percorrevano nei boschi il loro difficile e pericoloso cammino.
Il più alto di questi campanili si impone ora nella sua elegante bellezza, nobilissimo e solo nello spazio di un immenso prato.
Una particolare emozione nel calpestare tratti della via Francigena e, a poca distanza, il bel sentiero medievale immerso nella frescura delle fronde, ancora ben riconoscibile dalla disposizione delle pietre levigate dai passaggi di un tempo.
Sono tanti i tratti della via Francigena che possiamo trovare in tante altre regioni, ma qui l'emozione è più intensa, qui vengono in mente i pellegrini che avevano appena attraversato le Alpi nel freddo, nella neve, con infiniti pericoli, qui dove solo le piccole cappelle venivano loro in aiuto.
Come mi è nato tanto interesse e tanta comprensione per i pellegrini – non ci avevo mai pensato prima – forse perché mi sento anche io un pellegrino, un pellegrino che ha già quasi compiuto il suo viaggio. Troverò anche io il sostegno di una cappella, di un campanile che ti indica la strada? Mi sento come un pellegrino che deve arrivare da solo alla conclusione del suo viaggio. Ormai è vicino, ma sa che questo ultimo tratto sarà forse il più difficile, forse il più duro».
Anna Anrò