Storia in soffitta

Il Cardinale Guala Bicchieri
L'uomo che salvò la corona d''Inghilterra

Lascia un commento approfondimento di: Danilo Alberto



Chi si trova per la prima volta a passeggiare per le vie del centro di Vercelli scorgerà sicuramente due alte torri gemelle in cotto ed intonaco bianco che dominano gli edifici circostanti.
Incuriosito volgerà il passo verso queste guglie e ben presto vedrà apparire le eleganti ed equilibrate forme di una struttura imponente, discosta da edifici che ne possano turbare l'armonia.
Sembra del tutto naturale si trovi lì ed istintivamente il visitatore cercherà con lo sguardo le tracce dei ponteggi accatastati nei pressi, poiché l'impressione è davvero quella che si prova di fronte ad un edificio terminato da pochissimo tempo.
Si tratta della cattedrale di Vercelli forse? Assolutamente no, la sede della cathedra vescovile, dedicata a Sant'Eusebio, si trova ad un centinaio di metri di distanza ed ha una foggia del tutto diversa.
Questo edificio è il cuore ed anche il vessillo della città e, con tutto il rispetto per la cattedrale, ci sia consentito dire che è a ragione il vero simbolo di Vercelli.
Sant'Andrea, ecco rivelato il nome del complesso, nasce come abbazia e viene realizzata in forme gotiche durante un’epoca in cui lo stile concepito dai cistercensi stava muovendo i primi passi in una Europa in fase di trasformazione; racchiude in sé i paradigmi classici dello stile romanico arricchiti dal gusto squisitamente francese, borgognone per la precisione, del nuovo stile architettonico.
La struttura è pervasa da un gran senso di equilibrio e proporzione riscontrabile anche negli interni.
Grandi nomi contribuirono alla sua realizzazione e tra questi sembra vi sia stata anche la mano di Benedetto Antelami, il cui capolavoro è certamente il battistero della città di Parma.
Raffinata, grandiosa e curatissima: ma chi promosse la costruzione di Sant'Andrea e perché venne realizzata proprio a Vercelli?
Come si direbbe in uno dei più classici feuilleton ottocenteschi, per rispondere a tali domande dobbiamo fare qualche passo indietro nel tempo ed esplorare la complicata situazione politica e sociale dell'apparentemente lontana Inghilterra nei primi anni del XIII secolo.

La situazione politica inglese nel XIII secolo: prima guerra dei Baroni

L'estate del 1215 vide il naturale epilogo delle tensioni cumulatesi da tempo nei confronti del debole regno di Giovanni Senzaterra (John Lackland) e dei suoi infruttuosi tentativi di riconquistare i territori Plantageneti perduti in Francia, operazione che finanziò tassando pesantemente i suoi baroni.
Il 15 giugno a Runnymede, proprio nel tentativo di evitare il peggio, Giovanni firmava il documento che passerà alla storia con il nome di "Magna Charta", che riduceva pesantemente il potere al regnante. In particolare la "Clausola 61" consentiva ad un gruppo di venticinque baroni di privare il re del potere con l'uso della forza in qualsiasi momento.
Le trattative ed i tentativi di accordo successivi non portarono però ad appianare le divergenze e fu dunque guerra civile tra i sostenitori di Giovanni ed i baroni ribelli.
Il documento appena citato fu di fatto la causa degli scontri, ma ben presto ci si rese conto che si trattava di una guerra dinastica poiché i baroni cercavano un re forte in grado di riunire l'aristocrazia inglese.
Curiosamente la loro scelta cadde sul principe francese Luigi, che diverrà Luigi VIII, figlio e futuro erede del re di Francia Filippo Augusto.
È bene ricordare che le nazioni, a quei tempi, non avevano confini netti come ben li conosciamo oggi, e le tensioni tra Francia ed Inghilterra non erano così accentuate come diverranno solo un secolo dopo, quando si scatenò la "guerra dei cent'anni".
Non appare pertanto strana l'affermazione registrata sui documenti ufficiali che giustificano il consenso dei baroni nei confronti di Luigi "per evitare che il regno cadesse in mani straniere", poiché i francesi si trovavano da circa centocinquant'anni in terra inglese per merito di Guglielmo il Conquistatore, tanto da essere considerati dalle popolazioni locali a casa propria.
Le sorti della nazione sembrano dunque segnate: nel 1216 la fuga di re Giovanni a Winchester e l'ingresso trionfale di Luigi a Londra senza incontrare alcun ostacolo e la sua immediata proclamazione (ma senza assegnazione di corona) da parte dei baroni e degli abitanti della capitale in Saint Paul; il regno inglese sembrerebbe ormai in balia di un sovrano francese.
Il 18 ottobre 1216, a causa di un violento attacco di dissenteria, al tempo incurabile, Giovanni morì a Lincolnshire (nel castello di Newark). Immediatamente circolarono voci, quasi certamente inattendibili, che sostenevano si fosse trattato di omicidio provocato da cibo avvelenato. Con la sua morte venne meno anche la ragione della guerra ed i baroni ribelli, che fino a quel momento avevano sostenuto la causa bellica, cominciarono ad interrogarsi su quali fossero le reali minacce ai loro interessi in quel momento: Enrico, figlio di Giovanni Senza Terra, di soli nove anni, oppure Luigi di Francia e la risposta apparve immediata ed anche piuttosto inquietante.
Occorreva dunque fare qualcosa ed anche in fretta; il vescovo di Winchester Pierre des Roches con un gruppo di baroni propose di incoronare il giovane Enrico re d’Inghilterra.

La chiesa ed il papato

Finora non si è fatto alcun riferimento al ruolo della chiesa inglese; quest’ultima si trovava in profonda crisi dal 1205, per problemi di successione ai vertici dopo la morte dell’arcivescovo di Canterbury avvenuta il 13 luglio. Il papa Innocenzo III intervenne pesantemente nella questione, destituendo il presule voluto da Giovanni e questi, dopo aver azzardato qualche tentativo per trovare un accordo con la massima autorità cristiana, rifiutò la candidatura e la successiva elezione di Stephen Langton gestita da Roma.
Il pontefice reagì nel 1207 colpendo il regno con l’interdetto (atto emesso contro una comunità equivalente ad una scomunica nei confronti di un individuo) ed in seguito, nel 1209, scomunicò direttamente Giovanni. Solo nel 1213 il Plantageneto, temendo gli effetti di un accordo in fase di definizione tra Filippo Augusto e la chiesa di Roma, decise di attenersi alle decisioni papali.
Con la morte di Giovanni la situazione cambiò drasticamente. Anche il papa era seriamente preoccupato per la successione al trono inglese: il controllo dell’Inghilterra avrebbe portato alla corona di Francia un potere enorme destabilizzando la situazione europea. Roma non poteva permetterlo e spingeva affinché l’isola tornasse nelle mani della legittima casata, ma ancor di più si prodigava per far sì che quella che passerà alla storia come la prima guerra dei Baroni avesse termine, poiché stava ostacolando l’organizzazione di una nuova crociata.

Il cardinale Guala Bicchieri

Un abile diplomatico era già in azione nella terra di Albione fin dall’inizio del 1216 e stava lavorando affinché i problemi politici interni venissero risolti. Era il cardinale Giacomo Guala Beccaria, più noto come Guala Bicchieri.
Nato intorno al 1150 da influente famiglia vercellese, si laureò a Bologna in quello che oggi definiremmo diritto civile e canonico (utroque iure). Mentre non si ha certezza sulle sue azioni e sugli spostamenti fino all’inizio del XIII
secolo, è dato certo che nel 1205 assunse il titolo di cardinale e che nel 1207 venne inviato da Innocenzo III quale legato pontificio a dirimere uno dei tanti dissidi scoppiati in quell’epoca tra senesi e fiorentini per questioni territoriali.
Giunse a metà del 1208 il suo secondo e delicato incarico, questa volta in terra francese. I mandati ufficiali prevedevano di migliorare i costumi del dissoluto clero francese e promuovere la futura crociata. Contestualmente, e con estrema discrezione, si trattava di dirimere la causa di divorzio intentata da re Filippo Augusto contro la moglie Ingeborga di Danimarca, problema che si protraeva dal 1193 rendendo sempre più tesi i rapporti tra il regno d’oltralpe e la curia papale.
Il Guala si distinse in quest’incarico per la preparazione giuridica, le virtù e la diligenza nell’assolvere ai propri compiti. Depose dalla carica l’abate di Corbie per aver sperperato i beni del monastero mentre altri abati vennero severamente richiamati ai loro doveri. Emanò inoltre una costituzione per la riforma del clero suddivisa in dieci articoli. Minor fortuna ottenne invece nell’altra incombenza, a causa di alcuni scambi di lettere “forti” tra il papa ed il sovrano francese che compromisero i rapporti tra Roma e Parigi, tanto che nel febbraio del 1209 Filippo Augusto invitò il cardinale a “non dimorare più a lungo in questo paese”.

L’incarico in Inghilterra

Dalla fine del 1209 fino al termine del Concilio lateranense IV nel 1215 ritroviamo il Guala Bicchieri in Italia; è indubbia la sua partecipazione alle decisioni conciliari che riguardavano anche la difficile situazione inglese testé descritta. Innocenzo III lo inviò infatti quale suo legato a Londra già nel gennaio 1216.
Prima di raggiungere la meta, il cardinale si impegnò strenuamente in Francia per convincere Filippo Augusto a desistere nei suoi intenti espansionistici, che si esprimevano principalmente nel fornire supporto ai baroni inglesi ribelli. Filippo replicò ufficialmente in maniera evasiva ed equivoca, oggi diremmo che fornì una risposta “politica”: egli si dichiarò fedele al pontefice; sostenne che anche suo figlio non avrebbe compiuto nulla contro la Chiesa, ma aggiunse che si dovevano prendere in dovuta considerazione le giuste rivendicazioni al trono inglese avanzate dal proprio primogenito. Quest’ultimo, dal canto suo, non accettò alcuna ingerenza da parte del cardinale nelle proprie decisioni ed il Guala vide vanificata ogni sua pressione diplomatica alla corte francese quando apertamente Luigi dichiarò che i propri doveri feudali nei confronti del padre non comportavano la rinuncia ad invadere l’Inghilterra.
Il cardinale non si perse comunque d’animo: ottenuto da Filippo Augusto un salvacondotto per l’Inghilterra salpò alla volta dell’isola verso la metà di maggio del 1216.
Seguirono dunque le vicende narrate, in seguito alle quali Luigi di Francia ed i suoi “complici” vennero scomunicati e fu proibito al clero di celebrare gli uffici divini in loro presenza. Le difficoltà incontrate dal cardinale vercellese furono enormi, soprattutto a causa di quella parte di religiosi che osteggiava Giovanni Senzaterra e di conseguenza l’operato del legato pontificio. Nei mesi che seguirono il Guala cerco di riconciliare i ribelli inglesi al loro sovrano per indebolire le forze di Luigi VIII ed aiutò anche finanziariamente la disperata impresa di Giovanni, imponendo nell’estate del 1216 una tassa di 50 scudi d’oro su ogni cattedrale e monastero del regno.

La reggenza

Il ruolo del cardinale divenne ancor più importante alla morte di re Giovanni; subito, con altri membri designati dal sovrano stesso, assunse la reggenza del regno e, senza attendere alcun ordine da Roma, procedette all’incoronazione del piccolo Enrico (il figlio di Giovanni Senzaterra, che divenne così Enrico III). Alle proteste dell’abate di Westminster e del priore di Canterbury per non aver osservato le dovute formalità previste dal protocollo ufficiale, rispose scomunicandoli.
Nel novembre del 1216 a Bristol venne rinnovato il giuramento di fedeltà al nuovo sovrano da parte di tutti i prelati, conti e baroni inglesi rimasti fedeli ai Plantageneti; durante tale assemblea furono anche riconfermati la maggior parte degli articoli della Magna Charta.
Intanto Roma, nella figura del nuovo papa Onorio III, sferrò una grande offensiva diplomatica a favore del giovane re; vennero inoltre confermati tutti i poteri concessi al cardinale legato, anzi gli venne concessa ad esempio la facoltà di sciogliere i giuramenti prestati a favore di Luigi di Francia e di sospendere i chierici ribelli.
Il Guala Bicchieri utilizzò ogni mezzo per ottenere risultati: egli puntava soprattutto a minare il sentimento d’onore che legava i baroni a Luigi VIII, giudicava infatti gli avversari di Enrico III “hostes Dei et Ecclesiae” (nemici di Dio e della Chiesa) e l’armata che veniva loro opposta “milicia Christi” (milizia di Cristo). Accese così nei cuori l’idea che combattere i francesi fosse una sorta di santa crociata inglese per recuperare i territori usurpati.
Sapeva anche che un re senza il consenso popolare avrebbe avuto serie difficoltà di governo, in particolare per un popolo provato quale era quello inglese, ridotto allo stremo per le pesanti tassazioni e la successiva guerra. Fu dunque un’azione geniale quella di far redigere la Forest Charter, con la quale si concedeva alla popolazione il diritto di cacciare liberamente nelle foreste reali.

Termina il conflitto ma…

Il termine delle operazioni militari giunse il 20 maggio 1217 a Lincoln, località che assisteva per la seconda volta ad uno scontro dinastico (il primo era avvenuto nel 1141 tra Stefano e Matilde d’Inghilterra): le armate del futuro Luigi VIII di Francia vennero sopraffatte dalle truppe comandate da Guglielmo il Maresciallo. Prima dell’attacco, a Newark, località posta a sette leghe da Lincoln, il legato papale rinnovò la scomunica nei confronti dei ribelli ed impartì poi l’assoluzione delle truppe impegnate nella “crociata”.
Luigi ripiegò a Londra e si preparò ad una strenua difesa della città, nel frattempo giunse una legazione guidata dall’arcivescovo di Tiro, non è chiaro se si trattasse di una delegazione inviata ufficiosamente da Onorio III oppure organizzata da Filippo Augusto, certo lo scopo era quello di mediare la riconciliazione tra Luigi VIII ed Enrico III. Entrambi i leader designarono alcuni rappresentanti che giurarono di lavorare in buona fede per stendere un trattato di pace. Durante gli incontri per le trattative il cardinale Guala mostrò il suo combattivo carattere e l’intransigenza che già ebbe modo di manifestare in diverse altre occasioni; le clausole proposte prevedevano la concessione di un’amnistia totale ed indiscriminata, egli invece voleva poter giudicare l’operato di tutti i chierici ed i prelati che avevano diffuso tra le fila del clero lo spirito rivoltoso verso la Santa Sede. Simone di Tiro supplicò Luigi di abbandonare questi ecclesiastici, ma ottenne un rifiuto. Si decise invece per demandare la soluzione ad una commissione di quattro arbitri, due francesi e due inglesi: ma questi, già corrotti all’insaputa di Luigi VIII, decisero che i giudicati fossero privati dei loro benefici ed indennizzati dai baroni inglesi.
Il Guala si impuntò su tale decisione; egli voleva colpire il clero a tutti i costi e dichiarò che non avrebbe ratificato la pace se non con il parere favorevole di Onorio III. Luigi di Francia andò su tutte le furie e ruppe i negoziati, ed il legato papale, vista tanta arroganza, richiese l’assedio di Londra; gli inglesi ormai stanchi per la guerra ed irritati dal veder ritardata la conclusione della pace solo per il puntiglio e l’ostinazione del cardinale Guala, rifiutarono di obbedirgli e si dispersero per rientrare ai propri accampamenti.
La situazione rimase in stallo per qualche tempo, fino alla vittoria navale degli inglesi del 24 agosto 1217, che fece riaprire le trattative di pace.
All’incontro del 5 settembre presso un’isola sul Tamigi, vicino a Staines, il legato ottenne la sua vittoria, poiché invano Luigi VIII richiese l’amnistia per
il clero inglese, il capetingio dovette sottomettersi questa volta alle richieste.
Con il trattato di pace gli inglesi ribelli furono solennemente sciolti dai giuramenti di fedeltà prestati a Luigi di Francia, il quale impose ai baroni inglesi, al re di Scozia ed ai Gallesi di deporre le armi e, per ottenere l’assoluzione, consegnò nelle mani del cardinale i castelli che aveva conquistato.
Si celebrò quindi un particolare cerimoniale liturgico ispirato a forme penitenziali e Luigi VIII fu costretto a versare per due anni la decima di tutte le sue rendite per la liberazione della Terra Santa, ritardata per la guerra tra Capetingi e Plantageneti.
Il clero venne passato al vaglio dagli inquirenti del legato, fioccarono punizioni, privazioni di benefici e per i più facinorosi ammende e prigionia, mentre a qualcuno toccò l’esilio.
Il 28 settembre 1217 Guala si recò a Dover con una delegazione di baroni per accompagnare Luigi che si imbarcava per rientrare definitivamente in Francia. Il cardinale ricevette quindi come segno di gratitudine da parte della corona inglese le rendite dei ricchi possedimenti di St. Andrew, a Chesterton, nei pressi di Cambridge. Era l’8 novembre dello stesso anno.
Sembra che il legato fosse molto devoto a Sant’Andrea e si favoleggia che anche il nome della struttura di Chersterton fosse stato voluto da lui, ma non vi è alcun fondamento storico per avallare tale affermazione; a tutt’oggi un ritratto del cardinale è conservato nella navata sud della chiesa inglese.
Alcune incombenze ancora da risolvere trattennero il legato sull’isola ancora per qualche tempo: ripristinare le cariche vescovili rimaste vacanti nel paese, trattare con i signori del Galles per indurli a rendere omaggio al nuovo re, legare maggiormente l’Irlanda alla corona inglese.
Finalmente il 12 settembre del 1218 Onorio III accolse la richiesta di esonero dal peso della legazione del Guala e lo sostituì con Pandolfo vescovo di Norwich.

Rientro in patria

Il cardinale si imbarcò per la Francia verosimilmente nell’ultima decade di novembre e sostò a Parigi per buona parte del mese di dicembre presso l’abbazia di San Vittore.
Nel gennaio del 1219 si trovava a Vercelli, dove elargì le rendite ricevute in Inghilterra a favore dell’erigenda fabbrica della nuova abbazia dedicata a sant’Andrea, per la costruzione della quale volle assistere alla posa della prima pietra.
La realizzazione proseguì spedita, grazie anche alle rendite di località come Costanzana, San Germano, Viverone e Caresana, che vennero conferite all’abbazia negli anni successivi. Ad esse il Guala Bicchieri aggiunse anche, a fine 1224, altri suoi beni tra cui il feudo di Roppolo, Villaregia e Viverone, riservandosi però l’usufrutto vita natural durante.
Il 29 maggio del 1227 il cardinale ottenne dal nuovo papa, Gregorio IX, la facoltà di fare testamento. Egli nominò erede universale la chiesa di Sant’Andrea di Vercelli. Fondò nella cattedrale di Vercelli la cappellania della Beata Vergine e di san Onorato e lasciò inoltre un cospicuo legato all’ospedale di sant’Andrea. L’abbazia venne completata in soli otto anni, al termine dei quali, il 30 maggio 1227, il cardinale spirò. La sua salma venne traslata da Roma a Vercelli nella chiesa abbaziale che aveva voluto, sostenuto e fatto realizzare.

Conclusioni

Quei meravigliosi libri di pietra e mattoni che sono le cattedrali, ed in genere le chiese, racchiudono tra le loro alte volte anche storie come quella appena narrata. Vicende spesso poco conosciute, che tuttavia hanno influenzato notevolmente il corso degli eventi successivi.
Sant’Andrea di Vercelli ha terminato ormai da secoli il suo compito come abbazia, continua tuttavia ad osservarci dall’alto della sua maestosa imponenza, conscio del proprio ruolo di custode silenzioso di fatti antichi.
Siamo fortunati poiché tutti gli avvenimenti raccontati sono stati registrati e catalogati. Non sempre purtroppo è possibile ricostruire la storia degli uomini con tale livello di dettaglio, in quei casi apprendiamo solo gli avvenimenti senza parlare di chi li ha resi possibili, e personaggi anche di grande rilievo storico si ricoprono della nebbia del tempo diventando leggendari.
Nel pomeriggio di una domenica primaverile del 2012, mi ritrovai a Vercelli a passeggiare di fronte a quella facciata gotica che da sempre mi ha colpito e venni attratto da un manifesto dell’associazione Chesterton Onlus, che prometteva ai visitatori che lo desideravano di poter degustare il te con un non meglio definito cardinale; entrai nella sala del capitolo ricordando che il fondatore di tale bellezza architettonica era un cardinale e realmente degustai, oltre al tè promesso, parte della vita di quest’uomo a me (fino ad allora) ignota, che ho deciso qui di condividere.

Fonti bibliografiche 

http://it.wikipedia.org/wiki/Prima_guerra_dei_baroni
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_d%27Inghilterra
http://www.treccani.it/enciclopedia/guala-bicchieri_(Dizionario-Biografico)/
http://www.bsswebsite.me.uk/History/MagnaCarta/magnacarta-intro.htm
http://www.standrews-chesterton.org/church-history/
http://www.larisaia.altervista.org/abbazia_santandrea.htm
http://www.chestertononlus.org/about-chesterton-onlus/




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