Storia in soffitta
Pantaleo de Confluentia
medicus archiatra e consigliere di Amedeo IX
approfondimento di: Franca Giusti
Già nel 1440 Pantaleone di famiglia antica e di cerusici, aveva avuto incarico dal duca Ludovico di Savoia presso la Corte di Vercelli. Aveva studiato all’Università di Vercelli o forse di Torino dove si era ormai, dal 1404, trasferita la sede dello Studio e presso la stessa Università fu, forse, docente di medicina e sicuramente presso lo Studio (così si chiamava l’Università) di Pavia nei cui atti relativi al 1492 compare come Pantaleo Conflentia.
Non si conosce la data esatta della nascita del dottor Pantaleo ma si sa che, oltre ad esercitare la professione medica, era conosciuto come Pantaleo de Confienza, forse perché Conflens era il nome del suo casato o, più probabilmente, il paese di origine, Confienza. L’albero genealogico dei Confienza era onorevole e vantava circa duecento anni di storia, tra gli antenati spiccano un Giovanni Confienza, medico del 1200, poi Giacomo da Confienza (1395) medico di casa Savoia ed un Guglielmo Confienza, avvocato fiscale e consigliere del duca di Savoia. Verso la fine del Quattrocento sono ricordati i medici Giacobino e Ludovico de Conflentia, ambedue originari di Vercelli, dottori del Collegio di medicina ed arti di Torino.
C’era già stato un Pantaleone, molto tempo prima, vissuto sotto l’Imperatore Diocleziano, nel IV secolo, originario di Nicomedia (oggi Izmit, Turchia) che curava gratuitamente chi gli chiedeva aiuto, avendo pietà di tutti, Pantaleone di nome e di fatto. Pan e tele (tutto e fine) sono le radici greche da cui è composto il nome del medico di Nicomedia diventato santo per aver sempre perdonato tutte le angherie dei suoi aguzzini.
Il medico de Confluentia ebbe un duplice ruolo e doppio appannaggio: archiatra e consigliere per 200 fiorini ciascun ruolo. Non era del resto cosa facile, nel XV secolo, trovare un buon medico e la responsabilità della salute di un principe era un servizio di gran pregio ma anche gravoso.
Viaggiò molto il dottore,fu in Germania, nelle Fiandre, in Inghilterra e in Svizzera, conosceva bene la Bretagna, il Poitou, la Linguadoca, la Guienna, l'Angiò, la Normandia, e aveva soggiornato a lungo a Parigi e a Tours. Nel 1464 aveva accompagnato il duca Ludovico in una sua visita di tredici mesi in Francia. Pantaleo fu dal 1465 al 1472 dunque alla corte del duca e beato Amedeo IX e della moglie Jolanda di Valois poi, per un breve periodo, durante la minorità di Filiberto I fu privato dell'ufficio e della provvisione di consigliere, che gli venne nuovamente attribuita il 9 novembre 1480. Successivamente fu al servizio di Bianca di Monferrato duchessa di Savoia, reggente durante la minorità di Carlo Giovanni Amedeo ed infine anche al servizio di Guglielmo VIII, marchese del Monferrato come attesta una lettera del 1478. Proprio con Filiberto I, il dottor Pantaleo ebbe la possibilità di occuparsi sì di medicina ma non solo quella da “ambulatorio” bensì anche quella della ricerca scientifica e delle pubblicazioni. E’ infatti in quel periodo che favorì l'introduzione dell'arte tipografica in Piemonte, incoraggiando l'iniziativa di Jean Fabre di Langres e Giovanni di Pietro ai quali assicurò l’appoggio e la protezione di Filiberto. Tra le opere scientifiche degne di nota e da lui firmate, ne ricordiamo una assai curiosa e autorevole, del 1477: Summa lacticiniorum, sive Tractatus varii de butyro, de caseorum variarum gentium differentia et facultate. Uscì in tre edizioni fortunatissime e in buona tiratura per essere un trattato scientifico. Tre libri, in cui l'autore tratta, dei vari tipi di latte che si possono ottenere a seconda dei pascoli, delle stagioni e delle razze bovine e definisce l’arte di preparare la toma di Lanzo. Illustra i diversi procedimenti usati per la coagulazione del latte e le differenti tecniche di caseificazione; enumera, dividendoli per nazioni e per regioni, gli svariati tipi di formaggi esistenti al tempo, analizzandone le caratteristiche, i pregi e i difetti, sia di conservazione sia di contenuto nutritive e conclude con osservazioni mediche sui regimi alimentari caseari. Il formaggio in genere, per tutto il Medio Evo, era cibo dei poveri, di difficile digestione, ai ricchi si addicevano maggiormente selvaggina e piatti più raffinati eppure conquistò un po’ alla volta i palati delle corti tanto da diventare un alimento ampiamente diffuso e amato. E la toma è chiamata regina dei formaggi.