Il progetto
LA VIABILITÀ ANTICA NEL PIEMONTE NORD OCCIDENTALE
In epoca antica i collegamenti tra Ivrea e Vercelli erano sostanzialmente garantiti dalla Via delle Gallie. Questa strada, lasciata Pavia, giungeva a Vercelli, superava l’anfiteatro morenico eporediese a sud del lago di Viverone e raggiungeva Ivrea per poi risalire la valle d’Aosta sino ai passi montani.
Lungo il Po esisteva parimenti un’altra grande via di comunicazione che collegava Torino a Pavia, mentre Ivrea era legata alla città dei Taurini da due strade. La prima volgeva ad ovest quasi fosse una pedemontana, mentre la seconda, lasciata Ivrea, si inoltrava verso sud, collegando i centri intermedi di origine romana con i due capoluoghi.
Per quanto riguarda la pertica (oggi provincia) di Vercelli, la viabilità era garantita, oltre dalle strade già descritte, da una via militare detta via Liburnasca che lasciata questa città, si dirigeva verso Bianzè e Livorno Ferraris per poi deviare verso sud-ovest e valicare la Dora Baltea nei pressi di Saluggia, raggiungendo la strada Pavia-Torino poco oltre il luogo dove sorgeva la mansione di Quadrata (Verolengo).
Nella zona esistevano anche strade che potremmo definire minori. Una in particolare valicava la Dora Baltea a Mazzè e dopo aver toccato Ulliaco e Cigliano raggiungeva la via Liburnasca a Bianzè, collegando il Canavese col Vercellese, mentre la seconda transitava ad est della Dora e confluiva nella prima nel territorio dell’attuale Villareggia.
Questa è per sommi capi la situazione descritta negli stradari antichi e nella Tavola Peutingeriana, copia medioevale del più famoso degli stradari romani, dal nome dello studioso cinquecentesco Conrad Peutinger, attualmente conservata presso l’Hofbibliotek di Vienna. È stato però chiarito che la Tavola Peutingeriana non raffigura la rete viaria romana esistente nella tarda antichità, ma avendo avuto origine da un modello marmoreo dell’epoca di Augusto, aggiornato sino alla prima metà del IV secolo, non va oltre l’età di Costantino e quindi non vi sono registrate le strade costruite dopo la morte di questo Imperatore.
Com’ è noto, nella seconda metà del IV secolo d.C. la situazione dell’Impero cambiò radicalmente, i barbari erano sempre più aggressivi ed occorreva rinforzare i confini, tra i quali anche il Limes Italico, sorta di baluardo interno posto a guardia della penisola, stabilendo nei punti strategici delle guarnigioni, quasi sempre costituite da Sarmati, popolazione dell’Europa orientale sconfitta da Costantino e poi inglobata nella armata romana. Nel Piemonte nord occidentale i Sarmati furono acquartierati in due punti ben precisi: Ivrea e Quadrata (Verolengo), una mansione sulla via che univa Torino con Pavia, quasi alla confluenza della Dora Baltea col Po.
Per queste ragioni, estintasi la dinastia costantiniana e fallito il tentativo di restaurazione intrapreso da Giuliano, negli ultimi decenni del IV secolo l’imperatore Flavio Valentiniano, un militare molto attento ai problemi della sicurezza, fortificò massicciamente le zone più a rischio dell’Impero d’Occidente e costruì strade lungo i fiumi, in modo da permettere alle legioni di manovrare rapidamente.
A questo proposito negli anni trenta del secolo scorso, il canavesano prof. Giandomenico Serra, docente di glottologia e letteratura italiana prima in Romania, poi all’Università di Cagliari ed infine in quella di Napoli, forte di queste nozioni e sulla base di quanto recitato dalla “Notitia Dignitatum”, ovvero che un solo “Praefectus Sarmatorum Gentilium Quadratis Eporizio” aveva il comando dei Sarmati stanziati ad Ivrea ed a Quadrata, ipotizzò che fosse stata costruita una strada militare di collegamento tra i due centri. L’ipotesi del Serra non trovava la sua conferma nella Tavola Peutingeriana o negli altri stradari antichi, bensì nella localizzazione dei centri abitati presenti sulla direttrice Quadrata - Ivrea, e poi nel ritrovamento di necropoli antiche a San Pietro, località tra Rondissone e Mazzè ed a Carrone, una frazione prima di Candia e poi di Strambino.
A seguito di una disastrosa alluvione, nel 1977 ad Ivrea vennero alla luce le rovine di un secondo ponte romano sulla Dora Baltea, indubbiamente costruito a servizio della strada militare in questione. Ma la definitiva conferma si ebbe venti anni dopo, quando in regione Ressia di Mazzè venne portata alla luce, ad opera della Associazione F. Mondino coordinata dal prof. Giorgio Cavaglià, la strada vera e propria, confermando definitivamente l’ipotesi dello studioso canavesano.
E’ invece ancora controversa la questione se il ponte sulla Dora in funzione sino alla fine del XIV secolo a Mazzè, detto pons Copacij, fosse più o meno antico. A noi pare corretto considerare il manufatto coevo alla strada militare, perché funzionale allo stesso disegno strategico, ovvero garantire le comunicazioni con Milano, allora capitale dell’Impero.